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ANGELLOZZI TARTUFI, QUELLI DEL NERO PREGIATO
Febbraio 21, 2022 In Press


piaceri della vita angellozzi tartuficoltura

leggi l’articolo in pdf pubblicato su www.piaceridellavita.com (27 Gennaio 2015)

Il tartufo come stile di vita. Fin dalla nascita, Emidio e Zenobio Angellozzi, vivono e lavorano a Roccafluvione, in provincia di Ascoli Piceno. Sono gli ultimi di una dinastia di “cavatori di tartufi” che affonda le sue origini nella seconda metà dell’800 e che ripongono molta fiducia nell’ultima generazione, fatta di giovani volenterosi, acculturati e consapevoli del futuro che li aspetta, ma soprattutto rispettosi del loro passato.

Sono ben cinque le generazioni trascorse ad affinare le migliori tecniche per la coltivazione del tartufo. La prima è rappresentata da Giuseppe che ne intuisce le potenzialità ed è sempre lui che inizia a distinguere i siti produttivi e a addestrare i maiali per la ricerca del prezioso tubero. All’inizio è solo una passione ma ben presto si trasforma in attività vera e propria acquisendo un ruolo fondamentale nell’economia di tutta la famiglia.

Oggi sono Emidio e Zenobio a guidare l’azienda, insieme a loro, le rispettive famiglie. Nell’azienda, soggetta ai più rigorosi standard nel rispetto della sicurezza e dell’ambiente, sono presenti 12 braccianti e ben 17 “compagni di cavatura”, i loro cani.
Emidio ha iniziato a cercare tartufi contro la volontà dei genitori che invece avrebbero voluto per lui un futuro in giacca e cravatta. «Dopo i contrasti iniziali, – racconta Angellozzi- era molto fiero di me e, sostenendo la mia scelta, mi aiutò offrendomi la sua esperienza».

«Negli anni ’90, insieme a mio fratello Zenobio segnammo il record di 1700 kg di tartufi trovati in un anno. Fu una grande soddisfazione avere ancora mio padre accanto che negli anni a seguire, fece in tempo a vedere anche il mio successo».
Emidio Angellozzi gestisce l’azienda con piglio, preparazione e metodi moderni. Parla correntemente francese, mentre le nuove generazioni sono pronte a rispondere al telefono in lingua inglese, russa e cinese per poter andare alla conquista dei più promettenti mercati internazionali.

Emidio applica in coltura le conoscenze acquisite e tramandate da generazioni che davano buoni risultati nella raccolta libera. Le sue tecniche erano viste con diffidenza e non trovarono l’approvazione di molti ricercatori nel mondo della tartuficoltura italiana.
«Come molte storie di successo, – spiega Angellozzi – all’inizio siamo stati criticati, ma quando dalla Francia, dalla Spagna e dall’Australia sono venuti a studiare le nostre tecniche, molti si sono dovuti ricredere e hanno riconosciuto il valore del nostro lavoro». 
 
Forti di queste conoscenze, nel ’79 gli Angellozzi prendono la decisione di micorrizare il cisto, un arbusto spontaneo della macchia mediterranea. Dalle piantagioni di Cistus Incanus, abbinati a Quercus pubescens, si ottengono quantitativi consistenti di tartufi particolarmente aromatici, molto apprezzati dagli intenditori.
La famiglia Angellozzi ha scelto di realizzare impianti su terreni ormai abbandonati, utilizzati in passato per la coltivazione della vite e dell’olivo, e a elevata pendenza per cui le cure alle piante sono praticate a mano, come nel passato.

«Il tempo dedicato alla cura delle piante, sarebbe considerato un costo in una grande azienda, per noi è invece è un importante investimento, – spiega Emidio – perché ci consente di monitorare ogni più piccolo indizio di sofferenza delle piante e quindi della tartufaia stessa».
L’azienda Angellozzi vende tartufi quasi esclusivamente allo stato fresco, in prevalenza tartufo nero pregiato, un prodotto che le ha consentito di imporsi sui mercati internazionali e guadagnare consensi in tutte le competizioni.

La conoscenza profonda di questo mondo e il rispetto per la storia familiare e per la natura, hanno determinato la scelta di non commercializzare prodotti che poco hanno a che fare con il vero tartufo.

«L’idea che ci siano imprese – dice Angellozzi – che commercializzano prodotti come l’olio e il burro al tartufo, creme, salse, nonché formaggi, mi rende molto triste. In questi barattolini, che si trovano anche sugli scaffali di alcuni supermercati, che si pregiano di vendere “eccellenza”, il tartufo è quasi inesistente o del tutto assente».
«Quello che si sente “pungere” in bocca, con il lontano ricordo del sapore di tartufo, è il bismetiltiometano, un derivato del petrolio. Come azienda ci siamo sempre rifiutati di commercializzare qualsiasi cosa che non fosse al 100% naturale.
«Per combattere questi prodotti sintetici, abbiamo fatto molta informazione e adesso stiamo definendo gli ultimi dettagli di un importante progetto aziendale, affidato al nostro esperto di social media Simone Serafini, che vedrete presto coinvolgere un gran numero di consumatori».

«Solo un consumatore consapevole è in grado di scegliere. In molti rinunciano a comprare il prodotto naturale a causa dell’incontro negativo avuto con i “prodotti tartufati”. Il nostro progetto, che si chiama “Le tue cene”, vuole essere una pagina di consulenza on-line completamente nuova e gratuita».
«Abbiamo scelto di mettere la nostra esperienza a disposizione del consumatore – conclude Angellozzi – e di cercare insieme la soluzione più giusta. Dovrà solo parlaci di sé, di ciò che vorrà preparare, dei suoi ospiti, della sua idea in cucina».
Leggeremo attentamente ciò che ci ha inviato e calibreremo per lui ogni diversa esigenza sulla quantità, selezione e pezzatura. Sul nostro sito si possono trovare tutti gli approfondimenti. Abbiamo scelto di fare questo lavoro per passione e continueremo a farlo con dedizione».

 
ARTICOLO ORIGINALE
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